Esiste una linea sottile, impercettibile ma allo stesso
tempo netta, al quale spesso rischiamo di avvicinarci, senza rendercene conto.
Un confine che è pericoloso, quanto semplice, superare. Si tratta del limite
tra la passione, sentimento pervasivo, coinvolgimento emotivo e forte
inclinazione verso un aspetto della propria vita che provoca piacere, e l’altro lato della
medaglia: l’ossessione. Un pensiero fisso, invasivo, che tormenta e non lascia
spazio ad altro; una gabbia di cui, una volta varcato l’ingresso, modelliamo e
intrecciamo le sbarre giorno dopo giorno, fino a renderle sempre più strette,
ad esserne inesorabilmente schiacciati, spesso in modo inconsapevole, spesso
assecondati da una società che impone un modello di perfezione di cui rischiamo
di divenire schiavi.
Nello sport e nell’alimentazione questa sottile linea
definisce il confine tra benessere (ed equilibrio) e malessere. La passione
porta a vivere con intensità quello che ci rende felici e a rispecchiarsi in
tutti gli altri aspetti della vita, mantenendo però la propria definizione,
dilatando i sentimenti positivi e dando un colore alla propria esistenza. Essa
disegna il sorriso con cui svegliarsi la mattina, la forza con cui affrontare
la giornata, rimanendo però esclusivamente promotrice del benessere,
incasellata in determinati spazi della quotidianità, senza straripare divenendo
preponderante rispetto al resto. È qualcosa che sentiamo scorrere nelle vene,
che definisce una parte di noi, che ci scivola dentro e fuori senza però
arrivare a penetrarci e scalfirci come una lama. Il superamento del confine
avviene quando, da colonna sonora delle nostre giornate diventa suono che
rimbomba nella testa. Un’idea fissa, penetrante, che ci costringe, ci impone di
non avere scelta, ci lega ad un dovere, all’ansia di non poter fare in modo
diverso. La voglia e la pretesa di essere sempre di più, e la sensazione di
essere sempre di meno. E così scatta nella mente l’idea ossessiva ed il terrore
di perdere risultati, l’allenarsi meccanico, privandosi della sensazione del
piacere, la depressione per aver saltato un’ora di palestra a causa del lavoro,
le giornate grigie a causa del fatto che non si potrà effettuare la sessione;
il declinare gli inviti a cena, il passare interminabili mattinate in un
supermercato alla ricerca degli alimenti “perfetti”, l’osservarsi per ore di
fronte ad uno specchio passando alla lente ogni centimetro del corpo per
trovare ogni minimo difetto, il conteggio ossessivo delle calorie, con la
convinzione e la necessità di controllare ogni singola particella assunta. Il
bisogno soffocante di raggiungere una perfezione che non esiste, e che proprio
per questo motivo ci incastra in un continuo e ripetitivo percorso di
malessere, di disagio. Dunque, vivere la vita in equilibrio implica il
mantenersi sulla sponda della possibilità di scelta, della coscienza, della
consapevolezza e della serenità, per migliorare se stessi e volare sempre più
in alto, e non rischiare di venir incastrati nella prigione creata con le
nostre stesse mani. La passione è flessibile apertura alla vita, l’ossessione
mera chiusura nella rigidità.
Il mio articolo per Ironmanager
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