sabato 25 giugno 2016

Perché le persone si affidano a “diete di moda” (o diete “della Domenica”)?



Perché le persone si affidano a “diete di moda” (o diete “della Domenica”)? Per la loro reale efficacia, per le basi scientifiche, per la scelta degli alimenti oppure…
L’obiettivo, talora, non è quello di informare, ma quello di proiettare il pubblico verso un punto di vista desiderato (ad esempio concentrandosi sull’effetto finale della perdita di peso, senza menzionare le modalità, oppure solo in parte, e senza citare le conseguenze negative sul piano fisico o sulla ri-acquisizione del peso). È sempre fondamentale chiedersi se ci affidiamo ad una persona/idea per COSA viene detto, o per il COME. L’immediatezza dei messaggi suggestivi di oggi fa leva sulla naturale necessità dell’uomo di economizzare le risorse attentive (prendere scorciatoie mentali e razionalizzare il comportamento); un bravo persuasore non può decidere COSA le persone pensino, ma può decidere A COSA rivolgano il pensiero e COME: la misura dell’influenza dipende da come il ricevente interpreta e reagisce al messaggio. In psicologia della persuasione gli autori (Petty e Cacioppo) parlano di due percorsi di elaborazione: quello centrale (mediante il quale la persona valuta razionalmente la qualità dell’informazione ricevuta) e quello periferico (che invece si basa su variabili superficiali, quali le sensazioni associate con l’accettazione della soluzione presentata, che niente hanno a che vedere con la veridicità dell’informazione in quanto tale). La scelta di uno dei due percorsi dipende dalla motivazione del destinatario a RIFLETTERE sulle argomentazioni (ma ad esempio, nella sponsorizzazione di una dieta, il ricevente è ben più interessato al COSA si ottiene, piuttosto che al COME, dunque non è motivato ad elaborare le motivazioni, fin tanto che il persuasore focalizza l’attenzione sul RISULTATO, che è poi quello che interessa la maggior parte del pubblico). Quando prendiamo decisioni non razionali, valutando il messaggio in modo superficiale? Quando non abbiamo tempo, quando siamo sovraccaricati di informazioni, quando per noi non sono tanto importanti le tematiche, ma piuttosto ciò a cui determinate questioni sono finalizzate, e quando abbiamo CONOSCENZE ALTERNATIVE INSUFFICIENTI...
La credibilità del comunicatore può non essere fondamentale, quando il messaggio è forte e irresistibile, ovvero quando è vivido (emotivamente interessante, concreto, immediato). Se egli per di più appare SICURO di quello che dice risulta più attendibile. Inoltre, l’effetto della mera esposizione (Zajonc), cioè il semplice venir esposti in modo reiterato ad un determinato messaggio, fa in modo che questo si sedimenti nella nostra mente (“Quello che le masse chiamano verità sono le informazioni più familiari” Goebbels). Inoltre è bene ricordare che una lunga esposizione alla TELEVISIONE determina le immagini del mondo che ci costruiamo… Riportare poi esperienze di persone che “ce l’hanno fatta” (anche se non si hanno all’evidenza dati per valutare oggettivamente la veridicità di tali percorsi) rende vivido ed appetibile un messaggio, in quanto una persona tende a proiettarsi, grazie alle storie degli altri, in un idilliaco futuro di raggiungimento dei propri obiettivi, disegnando della propria mente la situazione tramite il racconto riportato, immedesimandosi nella situazione di partenza e “pregustando” il risultato ottenuto.
Una volta “agganciata” la persona, l’iniziale esaltazione verrà mantenuta mediante la naturale tendenza a razionalizzare (giustificare le proprie scelte) e a mantenere una coerenza interna per non cadere nella dissonanza cognitiva (se la persona si trova ad avere due cognizioni contrastanti tende a ridurre il conflitto, quando vi è in gioco la propria autostima; Festinger). Il richiedere una parcella elevata, o rateizzata nel tempo, serve a concretizzare una convinzione e a mantenerla; aderiamo a richieste sempre più onerose per essere coerenti col nostro impegno iniziale: più una persona è legata ad una scelta e più resiste alle informazioni che la minacciano. Secondo la trappola della razionalizzazione nella prima fase il persuasore stimola intenzionalmente sentimenti di dissonanza nell’individuo che minacciano la sua autostima (ad esempio etichettandolo con appellativi dispregiativi, tipo “ciccione”); successivamente viene offerta la soluzione per ridurre la dissonanza. Lo sfruttare il senso di insicurezza o le paure offrendo false speranze fa in modo che la persona cessi di interrogarsi razionalmente (le emozioni sopraffanno la capacità critica), ma agisca per azzerare la dissonanza: l’obiettivo del divulgatore è mostrarsi superiore ed equo. Carlsmith e Gross sostengono inoltre l’effetto della “colpa generalizzata”: se si viene accusati di qualcosa (ad esempio di essere grassi) la comunicazione persuasiva fa leva sul desiderio di risanare l’immagine di sé macchiata dalla colpa.
La tecnica di appoggiarsi ad un testimonial credibile, famoso e potente è ovviamente un modo per accaparrarsi la fiducia, e su questo è inutile soffermarsi. Ma è bene evidenziare che se il testimonial ha un determinato status, è possibile che vi sia un desiderio inconscio, oltre che ad ottenere il risultato propagandato, di assomigliare a quella persona su altri piani.
Uno dei modi per pre persuadere una persona è convincerla (mediante la forma con cui viene descritto un “prodotto”) che esso sia MIGLIORE, non come tutti gli altri (focalizzando l’attenzione su aspetti magari superficiali, quando all’evidenza invece la proposta non si discosta, nelle sue variabili determinanti, da quelle precedenti - ergo ipocalorica, iperproteica, selettiva nella scelta degli alimenti).
Mediante l’effetto contrasto, quando un “prodotto” è contrapposto a qualcosa di simile, ponendo il focus sull’esaltazione dei pregi del primo e sulle carenze dell’altro (concentrando l’attenzione sulla scelta/quantità degli alimenti, glissando su altre variabili che invece sono fondamentali per ottenere lo scopo prefisso, in questo caso il dimagrimento), esso risulta più convincente, anche se è a seconda del contesto che oggetti e alternative possono apparire peggiori o migliori (il giudizio è relativo, non assoluto).
Una tecnica di convincimento efficace per affermare una propria teoria è anche quella di accusare qualcun altro del “misfatto” che si sta commettendo (“tecnica proiettiva”), prima che possa avvenire il contrario (dunque affermando che gli altri, magari persone di scienza, sono ciarlatani): più studi mostrano che l’accusatore è ritenuto esente da colpa, mentre il bersaglio della proiezione diventa il capro espiatorio, nonostante vengano poi messe in dubbio le motivazioni del primo. Come disse Mark Twain, che mi sento di riportare perché calza a pennello “una bugia può fare il giro del mondo nel tempo che la verità impiega per infilarsi le scarpe”.
Un “fattoide” (affermazione di un fatto che non viene avvalorata dall’evidenza) è credibile perché esso soddisfa spesso uno o più bisogni psicologici del ricevente (la verdura fa ingrassare, i grassi fanno bene ecc..) . L’etichettare un messaggio (ad esempio tramite la dicitura filosofia…) distaccandone i “principi” da quelli scientifici (rigorosi, per i quali il dimagrimento è un percorso che implica un sacrificio in tempo e sforzo) lo avvicina all’interlocutore impegnato ad analizzare solo determinati aspetti della situazione (finalità).
Un altro “trucco” per rendere efficace un messaggio è quello di distrarre l’interlocutore anche mediante cose apparentemente irrilevanti (ad esempio uno scambio di battute in un programma televisivo), in modo da ostacolare la formulazione di obiezioni razionali (la distrazione deve essere adeguata per disturbare la formulazione di obiezioni ma non da impedire l’assimilazione del messaggio). La deconcentrazione fa aumentare l’efficacia del messaggio debole e diminuire quella della comunicazione forte.
Infine Tajfel cita inoltre un aspetto da non sottovalutare, ovvero la tecnica del Granfalloon, o paradigma del gruppo minimo (associazioni di persone prive di significato ma organizzate sull’orgoglio dell’appartenenza): il sentirsi parte di qualcosa ha la funzione di identificarsi e dare senso al mondo (le differenze tra gruppi vengono esasperate e spesso una grave conseguenza è quella di disumanizzare i membri dell’altro gruppo), inoltre i gruppi sociali sono fonte di autostima e di orgoglio (per ottenere dunque l’autostima che il gruppo offre è necessario adottarne le abitudini e le credenze). Dunque le persone tendono a valutare a prescindere in modo maggiormente positivo le persone appartenenti al proprio gruppo piuttosto che gli “avversari”. Definire i seguaci di una dieta mediante un appellativo crea un senso di orgoglio che li “delimita” e li notifica parte di un qualcosa.
Per concludere, quando veniamo attratti da una moda/idea/filosofia (in questo caso DIETA), quando ci accorgiamo che ha molti seguaci, quando è molto discussa ma altrettanto sponsorizzata, chiediamoci perché, focalizzandoci sugli aspetti che possono far leva sulla mente, ricordando che l’uomo è animale razionale… ma fino ad un certo punto.

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