Capita che
quando si intraprende un percorso di cambiamento che implichi una modifica
delle abitudini precedenti, magari sul piano di un miglioramento delle
abitudini alimentari o sulla frequenza dell'attività fisica, non manchino le
critiche, i commenti velatamente negativi ed il continuo rimarcare da parte
degli altri il cambiamento e la diversità (spesso con accezione negativa):
"Sei cambiato", "prima eri diverso", "non ti riconosco
più", " sei diventato "fissato" ". Partiamo dal
presupposto che spesso può essere più una percezione che un dato di fatto. Il
cambiamento comporta una messa in discussione di determinate abitudini che ci
portano ad essere più vulnerabili e a percepire in maniera più dilatata le
parole degli altri. Ma se la critica è palese ed esplicita innanzitutto è bene
riflettere razionalmente sull'eventuale fondatezza della stessa (in certi casi
potrebbero essere valide, ad esempio quando il cambiamento rasenta
l'ossessione: in quel caso è bene dunque contemplare un percorso per uscire
da una rigidità, da una "fissazione" che porta a vivere con poca
serenità).
Ma in alternativa, perché ci criticano? E perché
quelle critiche ci rimbombano dentro?
Nel primo
caso le ragioni potrebbero essere molte: ad esempio la tendenza naturale
dell'uomo a razionalizzare, dunque a giustificare un proprio comportamento
negativo screditando una scelta alternativa (la scelta di cambiare in positivo,
ad esempio, trovando le strategie per muoversi verso un miglioramento,
scastrandosi da una omeostasi sicura ma non ottimale), oppure la mancata
capacità di comprendere, la difficoltà a trovare compromessi perché non sono
loro ad essere cambiati (dunque il difetto si proietta nella persona che ha
modificato la propria vita allontanandosi da uno status comune, a prescindere).
La risposta alla seconda domanda può variare: le parole degli altri possono
toccarci perché, come anticipato, in un percorso evolutivo vi è un fisiologico
periodo in cui si ha la paura, oltre che di arrestarsi, di tornare alle
abitudini precedenti, dunque è naturale avere timore che l'influenza altrui
possa determinare tale effetto. Oppure potrebbe darsi che ci faccia rabbia che
proprio gli altri, con abitudini sbagliate, si permettano di giudicare una
scelta di salute (della serie "da che pulpito"). In quel caso è bene
ricordare innanzitutto la questione della razionalizzazione espressa sopra,
secondariamente la propria forma mentis prima di acquisire la motivazione al
cambiamento.
Quindi come mi devo comportare?
Al momento
in cui accusiamo una critica è bene valutare se essa è reale oppure solo
percepita, se è motivata oppure no, conseguentemente cercare di capire il
motivo per cui ci tocca, ma sopratutto comprendere il motivo per cui gli altri
si sentono in dovere di esporla. Non tutti condividono, tanti non approvano,
alcuni giudicano o screditano. Ma siamo davvero noi quelli "diversi"?
Sì, ma diversità non è sinonimo di errore, anzi. Nella vita esiste un ampio
range di scelte che non possono essere etichettate come sbagliate, tra cui
certamente l'intraprendere una strada di cambiamento volta al miglioramento
fisico e mentale. Sarebbe buona norma sostenere le persone che ci sono vicine,
ma non possiamo pretenderlo. Scegliamo la nostra strada e in modo indipendente
scegliamo di percorrerla. Non è possibile fare in modo che tutti apprezzino un
percorso, ma possiamo prendere consapevolezza della soddisfazione e della
positività del nostro cambiamento e della nostra scelta, con piena coscienza
della propria autoefficacia. Potrà avvenire che col tempo si venga
"accettati", "capiti", addirittura "seguiti". Nel
frattempo è giusto progredire verso la propria realizzazione, facendo tesoro
delle critiche "costruttive", impermeabili a quelle
"distruttive".
Il mio articolo per Ironmanager.it
Nessun commento:
Posta un commento